di Maria Antonietta Sinibaldi Zampaglione
Botanica e geologa
La ricerca delle piante medicinali fa parte del loro modo di curarci
Di solito non vado per erboristerie a comprare piante, ma per campi e per prati a coglierle quando è il momento giusto, certo ci ho messo tanto prima di imparare a riconoscerle ma, modestia a parte, ora poche me ne sfuggono e, conservando la mia innata natura fanciullesca mi sento tutta contenta quando ci azzecco nel classificarle.
Diciamo che gli appassionati di piante sono un po’ come una setta di religiosi, capaci di perdere giornate intere per discutere sul numero di peli presenti nelle fauci di un “nasturzio” e anch’io faccio parte della congrega!
I miei mentori in questa passione sono stati lo studio e le montagne d’Abruzzo, nella tarda Primavera e prima Estate, perché prima, lì, c’è ancora la neve.
Mi ricordo di un periodo molto duro della mia vita: il lavoro alla Magliana in una scuola media problematica, i figli adolescenti che, come dicono a Roma, “non ti si filano per niente”, un compagno sempre impegnato nel suo lavoro e poco disponibile e… due genitori meravigliosi!
Se avevo il sabato libero, venerdì pomeriggio partivo per l’Abruzzo dove avevo una casetta di 30 m² e, il sabato mattina, prestissimo, partivo per i prati e i boschi: con un canestro, un manuale di riconoscimento, un coltello, un panino col pecorino locale e l’immancabile cane di casa.
C’erano prati di Tarassaco con i loro paracaduti di piume di seta, le Carline acaulis che secondo Carlo Magno erano adatte per febbre e stanchezza, bastava un colpetto con la punta dello scarpone per recuperare questa stella terrestre, ma non la prendete, è specie protetta; ne mettevo sempre una sul camino e faceva da barometro, le sue spine si distendevano quando c’era il sole e si contraevano quando pioveva.
Nel bosco sotto i neri pini s’arrotondavano i cerchi di Asperula, che sa di mandorle amare quando è secca e serve per calmare e aiuta la digestione, le Achillee bianche e rosate sembravano, nei loro fiori, bomboniere all’uncinetto, e servono per la circolazione venosa, le spighe rosa intenso di Epilobio, tutte assieme a gruppi e bellissime vengono utilizzate per i problemi della prostata.
L’Eufrasia, il Non ti scordar di me, il Meliloto, piccoli belli e preziosi per problemi agli occhi, alle orecchie e per disturbi nervosi e tante, tante altre erbe che riempivano il cesto di colori, il naso di odori, e lo spirito di allegria.
Tornata a casa il pomeriggio inoltrato indovinate un po’ chi trovavo? “La sacra famiglia, compresi i nonni” preoccupati che fossi sola! Bah!
Tornata a Roma, avrei legato le erbe a mazzetti e le avrei messe ad asciugare, a testa in giù, lontano dal sole e sotto una copertura areata, le avrei poi sbriciolate e conservate impilate nelle scatole delle camicie quelle con il trasparente davanti e poi utilizzate per ogni calamità.
Alla seguente Primavera avrei bollito tutto ciò che era avanzato e una volta freddo ci avrei irrorato le piante del giardino ridando loro ciò che di prezioso avevo tolto in un altro luogo.
Quante cose da imparare. Il momento per raccoglierle: subito dopo la pioggia e quando il vento le ha asciugate, i tempi balsamici, i diversi tipi di terreno che determinano differenze di flora, le loro malattie e la loro sofferenza al cambiamento climatico.
Studiate, studiate, studiate e saltellate con attenzione per i nostri campi, prati, boschi e rivi, che la ricerca delle piante medicinali fa parte del loro modo di curarci.